PLEXIGLAS® E CASE FUTURISTICHE

 

Erano gli anni ’60 quando Matti Suuronen, designer e architetto finlandese, iniziò a costruire 100 case prefabbricate, che chiamò “Futuro House, utilizzando prevalentemente materiali plastici.

Riprendendo la forma tondeggiante che ricorda un disco volante e la struttura d’entrata simile ai portelloni degli aeroplani, le creazioni dovevano essere replicabili, trasportabili e adattarsi a qualsiasi tipo di ambiente. Il loro aspetto vivace e la forma moderna riflettevano lo spirito di ottimismo e di sperimentazione che caratterizzò il decennio nel quale vennero costruite.

I piccoli edifici potevano essere facilmente costruiti in loco grazie alla progettazione di 16 pezzi montabili o trasportati già montati tramite elicottero.

L’unica necessità era quella di predisporre precedentemente dei pilastri di cemento per realizzare la base delle case. Per quanto riguardava il riscaldamento le case potevano essere riscaldate in breve tempo grazie all’isolamento termico dato dalla copertura in poliuretano.

I materiali con cui furono costruite le “Case del Futuro” erano: PMMA (Polimetilmetacrilicato, più noto come Plexiglas®), fibra di vetro, poliestere-poliuretano per realizzare una struttura di quattro metri di altezza e otto metri di diametro. Il Plexiglas® veniva utilizzato maggiormente per la realizzazione degli oblò che fungevano da finestre per la casa e per il portellone d’ingresso.

Le Futuro House furono vendute in tutto il mondo, ma la produzione terminò a metà degli anni ’70, a causa della crisi petrolifera che fece aumentare il costo delle materie plastiche.

Ad oggi solo 60 case sono ancora possedute da privati o da musei privati, le rimanenti 40 sono state distrutte perché mal si integravano ai paesaggi di alcune città.

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